Come presentare le dimissioni nel 2016? Dal Jobs Act l’ennesimo aggravio burocratico a carico dei cittadini

Il Decreto Legislativo 151/2015, emanato lo scorso 23 Settembre 2015 e dedicato alla semplificazione delle procedure in materia di rapporti di lavoro, a carico di cittadini e imprese, nonostante la sua finalità, nasconde alcune spiacevoli sorprese riguardo alle modalità con cui presentare le dimissioni nel 2016.

Grazie al conseguente decreto ministeriale, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 23 Dicembre 2015, dal prossimo 12 Marzo, infatti, presentare le dimissioni e le risoluzioni consensuali sarà più difficile, dal momento che il lavoratore dovrà effettuare una procedura farraginosa che poco o nulla ha a che fare con una reale semplificazione.

Ma andiamo con ordine e cerchiamo di comprendere, considerando anche le procedure che saranno presto abolite, quali sono i nuovi adempimenti e le nuove procedure sulle dimissioni a cui saranno chiamati il lavoratore e il datore di lavoro.

Presentare le dimissioni: cosa avveniva con la Legge Fornero

Fino al prossimo 12 Marzo la procedura per presentare le dimissioni è quella prevista dalla Legge Fornero (c. 17-23 bis, art. 4, L. 92/2012) in base alla quale le dimissioni, per essere considerate valide, prevedono l’obbligo di convalida, introdotto soprattutto al fine di contrastare il fenomeno delle cosiddette dimissioni in bianco.
All’atto pratico, dopo che il lavoratore, ha dichiarato per iscritto (tramite raccomandata o posta elettronica certificata), al proprio datore di lavoro, la volontà di dimettersi, quest’ultimo trasmette al Centro per l’impiego la stessa dichiarazione di dimissioni, presentata dal lavoratore e invita, attraverso una comunicazione scritta (la ricevuta di cessazione del rapporto di lavoro), il lavoratore a presentarsi presso il Centro dell’Impiego di competenza o presso la Direzione Territoriale del Lavoro di competenza per convalidare le dimissioni.
In alternativa, sempre al fine di convalidare le dimissioni, il lavoratore può anche sottoscrivere un’apposita dichiarazione, allegata in calce alla ricevuta di cessazione del rapporto di lavoro. In questo secondo caso la Legge Fornero prevede che il lavoratore abbia a sua disposizione 7 giorni di tempo dall’invito del datore di lavoro nei quali può effettivamente sottoscrivere la dichiarazione di dimissioni, accettandole, o può revocarle. Se il lavoratore non procede a nessuna di queste azioni, trascorsi sette giorni dal momento della ricezione della ricevuta di cessazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro, le dimissioni si intendono comunque accettate.
In questo caso la procedura oltre a risultare abbastanza semplice per il lavoratore prevedeva anche un’ulteriore tutela per i datori di lavoro che, nel caso di dipendenti (specie extracomunitari) di cui si perdevano le tracce dopo le dimissioni, ottenevano l’efficacia giuridica della risoluzione del rapporto di lavoro  senza particolari difficoltà.

Dimissioni in Jobs Act

Dimissioni dopo il Jobs Act: cosa cambia dal 12 Marzo

Le nuove regole sulle dimissioni previste dal D. Lgs. 151/2015, emanato nell’ambito del Jobs Act, entreranno in vigore dal prossimo 12 Marzo (60 giorni dall’entrata in vigore del Decreto Ministeriale collegato, ovvero dal 12 Gennaio scorso), e modificheranno radicalmente la procedura per le dimissioni a carico del lavoratore senza, peraltro, introdurre nessuna semplificazione.
La modifica riguarda soprattutto il procedimento di convalida delle dimissioni che avverrà unicamente in modalità telematica, sempre al fine di contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco: il lavoratore sarà, quindi, tenuto a presentare le dimissioni ma anche le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro, sia al datore di lavoro che alla Direzione Territoriale per il lavoro, attraverso il portale ClicLavoro.
La nuova normativa prevede che queste regole non saranno applicate nei casi del lavoro domestico, nei casi di dimissioni e risoluzioni consensuali intervenute nelle sedi protette, quali le sedi sindacali, le Direzioni Territoriali per il Lavoro e le Commissioni di certificazione, istituite presso i Consigli Provinciali dei Consulenti del Lavoro e nei casi delle lavoratrici madri per cui era già previsto l’obbligo di convalida dalla precedente normativa (c. 4, art. 55, D. Lgs. 151/2001).
Il lavoratore può decidere di effettuare la comunicazione telematica delle dimissioni in autonomia oppure, in alternativa potrà avvalersi del supporto di un intermediario abilitato ad effettuare questo tipo di comunicazioni come un patronato, un’organizzazione sindacale, un ente bilaterale o, ancora, una commissione di certificazione.

Perché il Jobs Act non semplifica le dimissioni

Nel caso in cui il lavoratore decida di comunicare autonomamente le proprie dimissioni dovrà utilizzare il sistema informatico Smv messo a disposizione dal Ministero del Lavoro e prelevare dallo stesso portale ClicLavoro uno specifico modulo predisposto per effettuare la comunicazione di dimissione/risoluzione consensuale/revoca delle dimissioni/revoca della risoluzione consensuale.
Per accedere al sito ClicLavoro il lavoratore dovrà necessariamente creare un proprio profilo utente ed essere in possesso del PIN dell’INPS, al fine di confermare la propria identità al momento dell’iscrizione; dopo aver scaricato il modulo presente sul sito, il lavoratore dovrà compilarlo inserendo i propri dati  identificativi  e quelli dell’azienda, la tipologia contrattuale e la relativa decorrenza, la tipologia di comunicazione e la relativa decorrenza. Per i rapporti di lavoro iniziati dopo il 2008 (anno in cui è entrata in vigore la comunicazione obbligatoria telematica) molti dati saranno compilati in automatico dal sistema che chiederà, comunque, le informazioni necessarie per risalire alla comunicazione telematica di avvio/proroga/variazione del rapporto di lavoro.
Dopo aver compilato il modulo il lavoratore dovrà trasmetterlo, sempre attraverso una procedura telematica effettuata sul portale all’indirizzo di Posta elettronica certificata del datore di lavoro e alla Direzione Territoriale per il lavoro che potranno solo leggere i moduli trasmessi.
Nel caso in cui, invece, il datore di lavoro deciderà di avvalersi di un soggetto abilitato per effettuare la procedura non dovrà né creare un proprio profilo utente sul portale ClicLavoro né essere obbligatoriamente in possesso del PIN INPS, dal momento che sarà lo stesso soggetto abilitato (patronato o sindacato o commissione di certificazione che sia) ad assumersi la responsabilità di identificare il lavoratore e di inviare la specifica comunicazione al rispettivo datore di lavoro e alla Dtl competente.
In entrambi i casi ci troviamo, comunque, di fronte a un aggravio delle procedure a carico del cittadino/lavoratore. Il legislatore sottovaluta, infatti, il basso livello di alfabetizzazione informatica degli italiani e sembra non riuscire proprio a mettersi nei panni dei tanti lavoratori in età avanzata che potrebbero trovarsi a presentare le dimissioni o a risolvere consensualmente il proprio rapporto di lavoro, pur senza sapersi minimamente muovere nel web e, a maggior ragione in un portale complesso come ClicLavoro. Soprattutto in questi casi, il lavoratore sarebbe obbligato a rivolgersi a un intermediario abilitato e a sostenere dei costi che, seppur contenuti, prima non erano previsti.
In qualche modo, se rivolgiamo uno sguardo complessivo al provvedimento e alle procedure collegate che entreranno in vigore dal prossimo 12 Marzo riguardo alle dimissioni, il legislatore raggiunge un risultato contrario allo scopo che si era originariamente prefissato: invece di arrivare a una semplificazione delle procedure, pur volendo introdurre uno strumento volto a contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco, ha istituito una procedura più complicata per la totalità dei lavoratori. Non solo, la mancata effettuazione della procedura, come prescritta dall’articolo 26, del decreto legislativo n. 151/2015 e dal Decreto 15 dicembre 2015, produrrà l’inefficacia delle dimissioni/risoluzione consensuale, costringendo in tal caso o quello in cui il lavoratore si rendesse irreperibile, il datore di lavoro a procedere ad un licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, per legittimare la cessazione del rapporto di lavoro.