Decontribuzione, assunzioni agevolate e contratti per imprese e startup

Lo scorso 9 Novembre, presso lo Spazio Attivo di BIC Lazio di Viterbo, si è tenuto un incontro dedicato al tema delle assunzioni agevolate, degli esoneri contributivi, delle varie forme di decontribuzione nel 2017 e nel 2018 e dei contratti più convenienti per le imprese e le startup innovative.

L’incontro, riservato alle aziende incubate e ai professionisti che operano all’interno dello Spazio Attivo, ha ospitato il consulente del lavoro dott. Alessandro Petroselli, co-titolare dello Studio Orlandini & Petroselli, che ha tenuto una agile ed efficace relazione sugli adempimenti in materia di lavoro che le PMI e le startup devono seguire con più attenzione e sulle agevolazioni e gli sgravi contributivi ai quali è possibile accedere, con l’attivazione delle tipologie contrattuali attualmente vigenti.
In vista della prossima approvazione della Legge di Stabilità 2018 è stata fornita anche un’utile panoramica delle novità normative in materia di lavoro che, con ogni probabilità, entreranno in vigore nel prossimo mese di Gennaio. I rappresentanti delle imprese incubate, o ex-incubate, presenti hanno avuto modo di confrontarsi con il dott. Petroselli, sottoponendogli esigenze specifiche e chiarendo numerosi dubbi circa le tipologie contrattuali più adatte alle rispettive attività imprenditoriali.

Assunzioni agevolate: gli adempimenti per imprese e startup

Il primo elemento sottolineato da Alessandro Petroselli è l’importanza della regolarità contributiva delle aziende: il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali (INPS e INAIL) dovuti per assunzioni agevolate e non, è infatti un requisito indispensabile per godere delle agevolazioni contributive previste per i nuovi contratti stipulati.
È la legge 296/2006 (art. 1, comma 1175) a prevedere che i benefici normativi e contributivi, previsti dalla normativa in materia di lavoro, siano subordinati al possesso di un DURC positivo da parte delle aziende.
All’atto pratico, all’interno del cassetto previdenziale (generalmente gestito dal consulente del lavoro), è presente un sistema simile a un semaforo (è questo il significato di DURC Interno che snellisce e sostituisce il DURC formale, ovvero la segnalazione via posta) che può o segnalare:

  • la regolarità contributiva (semaforo verde);
  • un preavviso di DURC interno negativo, inviato via PEC, con l’obbligo di regolarizzare la posizione;
  • l’irregolarità contributiva (semaforo rosso) che comporta la perdita di tutte le agevolazioni contributive nel mese contestato;

Il semaforo verde accerta la regolarità contributiva dell’azienda con una validità di 4 mesi  e consente al datore di lavoro di godere dei benefici che gli spettano mentre il semaforo giallo invita a regolarizzare la posizione entro 15 giorni, attraverso una comunicazione via PEC.
Se il datore di lavoro non provvede a regolarizzare la posizione e scatta i sistemi informatici dell’INPS attivano una segnalazione negativa (semaforo rosso) all’interno del Cassetto previdenziale facendo sì che il datore di lavoro, per il mese in relazione al quale è attivato il semaforo rosso, non possa godere dei benefici che altrimenti gli spetterebbero in base alla normativa vigente per i contratti stipulati. L’esclusione riguarda, comunque un solo mese, perché in quello successivo si ripete la stessa procedura di interrogazione e segnalazione da parte dei sistemi informatici.

Altro aspetto molto importante che il lavoratore deve considerare attentamente è quello della sicurezza sul lavoro: anche se si tratta di un ulteriore costo da sostenere, come nel caso del DURC anche qui il mancato rispetto della normativa vigente può compromettere la fruizione delle agevolazioni contributive previste dalla normativa.
Sono in particolare il D. Lgs. 81/2008 e, poi, dal D. Lgs. 106/2009 a disciplinare la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro, riprendendo molti principi già contenuti nella L. 626/1994. Il datore di lavoro, in particolare, deve mettere in atto tutte le misure di sicurezza necessarie, informare sui possibili rischi connessi all’attività lavorativa, utilizzare macchinari che non presentino nessun rischio, verificare costantemente il rispetto delle norme antinfortunistiche e l’adempimento degli obblighi formativi relativi da parte dei lavoratori, predisporre il Documento sulla Valutazione dei Rischi (DVR) e assicurarsi che in azienda siano presenti (o siano nominate) specifiche figure previste dalla normativa come il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP), il Responsabile del Lavoratori per la Sicurezza (RLS) e il medico competente.

Tirocini Formativi nel Lazio

La prima tipologia di contratto per imprese e startup presentata nell’incontro sono stati i Tirocini Formativi Extracurriculari, considerati da molti datori di lavoro lo strumento migliore per valutare le reali capacità di un neoassunto.
Con la Delibera n. 533 del 9 agosto 2017 la Giunta Regionale del Lazio ha elevato il compenso previsto a 800,00 euro lordi (importo mensile minimo dell’indennità obbligatoria). Lo stesso compenso minimo va corrisposto anche per tirocini che abbiano un orario settimanale inferiore alle 40 ore.
Il tirocinio, che prevede un apposito progetto formativo sottoscritto dall’azienda promotrice ospitante e dal tirocinante, deve avere una durata minima di 2 mesi e può avere una durata massima di 6 mesi. Può essere interrotto e prorogato per una volta, sempre nell’ambito dei 6 mesi di durata massima. Per i soli disabili il tirocinio può avere una durata massima di 24 mesi.
Per ogni candidato l’azienda può attivare un solo tirocinio; l’attività formativa può essere svolta da soggetti che abbiano almeno 16 anni, gli studenti possono svolgere un tirocinio della durata minima di 14 giorni e della durata massima di 3 mesi nei soli mesi estivi. Il tirocinio non può essere svolto nelle ore notturne.
Per comprendere gli adempimenti del datore di lavoro è opportuno ricordare che il tirocinio è in realtà un’attività di formazione e non configura un rapporto di lavoro vero e proprio, per questo non prevede né il versamento di contributi previdenziali né le ferie né la copertura in caso di malattia. È però previsto il versamento dei contributi assistenziali (INAIL) e, quindi, la copertura assicurativa in caso di infortuni sul lavoro.

Assunzioni agevolate con contratto di apprendistato professionalizzante

L’apprendistato professionalizzante è la tipologia di contratto (normata dal D. Lgs. 81/2015 del Jobs Act) maggiormente utilizzata per assumere i giovani perché si configura come il rapporto di lavoro più economico per l’impresa.
L’apprendistato professionalizzante può essere attivato per giovani dai 18 ai 29 anni; il contratto può essere stipulato fino al 364 successivo al compimento dei 29 anni di età ed ha, in ogni caso, una durata di 3 anni (per specifiche categorie, come gli artigiani, il contratto di apprendistato può avere una durata superiore, fino a 5 anni). Ciò significa che se un soggetto di 29 anni e 300 giorni viene assunto con contratto di apprendistato professionalizzante, il suo contratto si concluderà quando il soggetto avrà 32 anni e 300 giorni di età.
Il soggetto assunto entra in azienda a 2 livelli inferiori rispetto a quello di appartenenza, in base alle specifiche del rispettivo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro; al momento intermedio, ovvero, di norma, dopo un anno e mezzo dall’assunzione in azienda, è previsto un primo scatto di livello mentre, alla fine del periodo di apprendistato, ovvero dopo 3 anni dall’assunzione è previsto un secondo scatto di livello.
Alla fine dei tre anni il datore di lavoro può decidere se interrompere il rapporto di lavoro oppure se continuare, trasformando l’apprendistato in un contratto a tempo indeterminato.
Per quanto riguarda gli sgravi contributivi, dal 1 Gennaio 2017 è abrogata la norma (L. 183/2011) che prevedeva uno sgravio contributivo del 100% per i contratti di apprendistato stipulati da piccole e microimprese (imprese con un numero di dipendenti inferiori a 9) e si applicano le seguenti aliquote contributive agevolate, calcolate su un reddito minimo imponibile che è, a sua volta, determinato sulla base di una retribuzione che, per esplicita previsione del Legislatore, può essere inferiore a quella prevista, dovuta in ragione del contratto collettivo.

Per le imprese che, al momento della stipula del contratto di apprendistato hanno un numero di dipendenti pari o inferiore a 9:

  • 8,5% per i periodi contributivi maturati nel primo anno di contratto;
  • 7% per i periodi contributivi maturati nel secondo anno di contratto;
  • 10% per i periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al secondo;

Per le imprese che, al momento della stipula del contratto di apprendistato hanno un numero di dipendenti superiore a 9 l’aliquota contributiva è pari al 10% del reddito minimo imponibile fin dal primo anno di apprendistato.

In entrambi i casi l’aliquota contributiva del 10% prevista per il terzo anno di apprendistato è comprensiva di un contributo dello 0,30% dovuto a titolo di quota Inail e quota malattia ed è da considerarsi come una contribuzione specifica per questa tipologia contrattuale e non come un’agevolazione, per questo su di essa non applicano le norme (ex commi 1175 e 1176 dell’art. 1 della L. 296/2006) sul DURC ricordate sopra.
Sono a carico del datore di lavoro anche il versamento di un’aliquota dell’1,31% per la NASPI (indennità di disoccupazione) e un’aliquota dello 0,30% destinata alla formazione; il contributo complessivamente dovuto ammonta pertanto all’11,61%.
La quota di contributi a carico del lavoratore ammonta a un’aliquota del 5,84% (importo sottratto dalla busta paga a titolo di ritenuta previdenziale).
Se alla fine dei tre anni il contratto di apprendistato viene convertito in un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, l’aliquota contributiva prevista per l’anno o gli anni di apprendistato successivi al secondo (11,61%) rimane valida anche per i periodi contributivi maturati nel primo anni di contratto a tempo indeterminato.

Apprendistato professionalizzante e Garanzia Giovani

Le agevolazioni contributive previste per il contratto di apprendistato professionalizzante possono essere cumulate con quelle previste dalla Garanzia Giovani, purché il giovane neoassunto sia iscritto a questo programma gestito dall’INPS.
In questo caso il datore di lavoro può fruire anche di uno sgravio contributivo di 8060,00 euro per 12 mesi; l’agevolazione è fruibile tramite conguaglio in sede di denuncia UNIEMENS o DMAG, viene sospesa in caso di maternità ed è autorizzata dall’INPS, in base all’ordine cronologico di presentazione delle istanze. Per il 2018 è opportuno, quindi, considerare che il periodo giusto per l’attivazione di contratti che sfruttino questo ulteriore sgravio è il mese di marzo, quando, dopo la pubblicazione della circolare con le regole attuative della misura (la misura sarà quasi certamente replicata dalla legge di stabilità), l’INPS renderà disponibile online il modulo telematico per la richiesta dell’incentivo.

Contratti di lavoro subordinato e Garanzia Giovani

Lo sgravio contributivo previsto per gli iscritti al Programma Garanzia Giovani può essere utilizzato anche in caso di assunzioni con contratto a tempo indeterminato e con contratto a tempo determinato di durata superiore ai 6 mesi.
Nel caso di assunzioni con contratto a tempo determinato di durata inferiore ai 6 mesi lo sgravio contributivo è ridotto del 50% ed ammonta, quindi, ad un massimo di 4030,00 euro.
I benefici contributivi previsti dalla Garanzia Giovani sono soggetti a tutte le condizioni tipiche di queste agevolazioni: ovvero alla regolarità contributiva dell’azienda (la regola relativa al DURC richiamata all’inizio dell’articolo), il rispetto dei CCNL e della contrattazione di secondo livello e il rispetto delle misure di tutela delle condizioni di lavoro.
L’agevolazione contributiva prevista per gli iscritti al Programma Garanzia Giovani rientra nel Regime de minimis degli aiuti di stato, viene quindi concessa solo ad aziende che nel corso del triennio (ovvero dell’esercizio finanziario in corso e dei due precedenti) non abbia ottenuto aiuti di stato, a qualsiasi titolo (rientrano in questa classificazione gli incentivi per investimenti, attività di ricerca, promozione all’estero, ecc.), superiori ai 200.000 euro. L’impresa che richiede lo sgravio contributivo collegato al Programma Garanzia Giovani è tenuta a dichiarare gli altri aiuti di stato già ottenuti in regime de minimis e l’amministrazione che concede l’agevolazione – in questo caso l’INPS – verifica la disponibilità residua sul massimale individuale dell’impresa.

Assunzioni Agevolate per lavoratori percettori di NASPI

Le assunzioni di lavoratori iscritti a liste di disoccupazione e percettori di NASPI (l’indennità di disoccupazione entrata in vigore lo scorso 1 Maggio 2015) godono di differenti agevolazioni che possono interessare le imprese e le startup (la norma da tenere presente in questo caso è la L. 76/2013).
Un primo vantaggio è costituito dal fatto che questi lavoratori, a prescindere dall’età anagrafica, possono essere assunti con contratto di apprendistato; in questo specifico caso il beneficio per il datore di lavoro risiede proprio nella possibilità di utilizzare un contratto meno gravoso, dal punto di vista economico, rispetto al classico contratto a tempo indeterminato. Riguardo a questo specifico caso occorre anche specificare il soggetto percettore di Naspi assunto può essere licenziato solo per giusta causa.
Un ulteriore caso è quello in cui il lavoratore in disoccupazione che percepisce la NASPI e che sia stato licenziato nei 6 mesi precedenti, rispetto al momento dell’assunzione, venga assunto da un’impresa con contratto a tempo pieno e indeterminato. In questa eventualità il datore di lavoro ha diritto, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, ad un contributo mensile del 20% dell’indennità mensile di NASpI residua che avrebbe dovuto essere ancora corrisposta al lavoratore se questo fosse rimasto in stato di disoccupazione.
Sono escluse da questo incentivo le imprese che hanno assetti proprietari coincidenti, o risultano comunque controllate o collegate all’impresa che aveva precedentemente licenziato il lavoratore. Proprio per questo il nuovo datore di lavoro, al momento della richiesta di avviamento dell’assunzione presso la sede INPS di riferimento, deve dichiarare, sotto la propria responsabilità, con un apposito form precompilato, che non risultino queste condizioni ostative. Dopo aver vagliato la richiesta dell’impresa e aver verificato la reale situazione del lavoratore da assumere (ovvero se, effettivamente, percepisce la NASPI), l’INPS comunica all’azienda l’avvenuta autorizzazione allegando un prospetto con il piano di fruizione dell’importo mensile massimo dell’incentivo.

Contratto a tempo indeterminato

Il contratto a tempo indeterminato è una delle tipologie contrattuali che meglio si adatta ai lavoratori over 50, che presumibilmente vantano già una discreta esperienza nella mansione che sono chiamati a svolgere. Per questa specifica categoria di lavoratori (se disoccupati da almeno 12 mesi), nel 2017, è previsto uno sgravio contributivo del 50% per un massimo di 18 mesi, per assunzioni con contratto a tempo indeterminato e per le trasformazioni di precedenti contratti agevolati, di contratti part-time e in somministrazione. Se la trasformazione riguarda contratti agevolati è opportuno ricordare che la trasformazione in un contratto a tempo indeterminato deve avvenire prima della fine del periodo per il quale è previsto il precedente incentivo.

A differenza di quanto avveniva nel 2015 e nel 2016, per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato che avvengono dal 1 Gennaio 2017 al 31 Dicembre 2018 è previsto un esonero contributivo di un massimo di 3250,00 euro annui, per 36 mesi, per la sola assunzione di studenti che precedentemente hanno svolto in azienda:

  • almeno il 30% delle ore di alternanza scuola-lavoro (ciò significa che il monte ore, da documentare e dimostrare, è pari a 60 ore per gli studenti del liceo e di 120 ore per gli studenti degli istituti professionali);
  • l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale (apprendistato di primo livello);
  • l’apprendistato di alta formazione (apprendistato di terzo livello);

Oltre a questo incentivo, esplicitamente previsto dalla legge di Stabilità 2017 (L. 232/2016) occorre considerare anche altri due incentivi istitutiti dall’ANPAL, l’agenzia delle Politiche Attive alla quale sono state trasferite le competenze in materia di incentivi all’occupazione:

  • il Bonus Occupazione Sud 2017 (riservato a Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia e le regioni Abruzzo, Molise e Sardegna) consente di ottenere un esonero contributivo totale, fino a un massimo di 8.060 euro annui per le assunzioni di giovani dai 16 ai 24 anni, con le seguenti tipologie di contratto:
    • contratto a tempo indeterminato;
    • trasformazioni di contratti di apprendistato in contratti a tempo indeterminato;
    • contratti a tempo indeterminato part-time o in somministrazione;
    • contratti di apprendistato professionalizzante (apprendistato di II livello);

Lo stesso incentivo può essere utilizzato anche per l’assunzione di lavoratori di almeno 25 anni, privi di un impiego retribuito da almeno 6 mesi;

  • l’incentivo Occupazione giovani 2017 che consente di ottenere un esonero contributivo totale, fino alla soglia annua degli 8.060 euro, per l’assunzione, con contratto a tempo indeterminato e con contratto di apprendistato professionalizzante, di giovani NEET (giovani che non studiano e non lavorano), iscritti al programma nazionale Garanzia Giovani.

Contratto a tempo determinato

Per l’assunzione di lavoratori over 50, che versino da oltre 12 mesi in stato di disoccupazione, con contratto a tempo determinato è previsto il medesimo sgravio contributivo del 50%, già richiamato sopra. In questo caso varia la durata che si estende ai primi 12 mesi del contratto stesso (i riferimenti normativi, come sopra, sono i commi da 8 a 11 dell’articolo 4 della L. 92/2012, e la circolare INPS 111/2013, per le regole applicative).
Riguardo ai contratti a tempo determinato è opportuno ricordare anche che la normativa vigente prevede la possibilità di non indicare le motivazioni che danno luogo al termine del contratto (contratto a tempo determinato a causale) e che il contratto a tempo determinato prevede una durata massima di 36 mesi. Sempre nell’ambito dei 36 mesi è possibile un numero massimo di 5 proroghe, indipendentemente dal numero dei rinnovi. Il termine del contratto, così come la proroga, prevedono obbligatoriamente la forma scritta, la proroga è ammessa purché si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto a tempo determinato è stato originariamente stipulato; in caso di proroga il datore di lavoro non è tenuto a specificare la ragione per la quale il contratto viene prorogato.

Un ulteriore sgravio contributivo pari sempre al 50% della contribuzione dovuta, per un massimo di 12 mesi, è fruibile dalle imprese con meno di 20 dipendenti che assumano lavoratori con contratto a tempo determinato in sostituzione di dipendenti in congedo di maternità, paternità o parentale.
L’azienda che stipula l’assunzione può godere degli incentivi contributivi previsti fino al compimento di un anno di età del figlio del dipendente in astensione oppure per un anno dall’accoglienza del minore adottato o in affidamento.
Se la sostituzione avviene con contratto di somministrazione lo sgravio contributivo spetta all’Agenzia per il lavoro, anche se l’impresa utilizzatrice ha diritto a recuperare le somme corrispondenti allo sgravio.
Per ottenere questo specifico sgravio contributivo l’impresa che assume deve documentare con un’apposita autocertificazione che l’assunzione a tempo determinato del lavoratore avviene proprio per sostituire un lavoratore in astensione; nella stessa autocertificazione occorre specificare anche che i dipendenti sono meno di 20. A tal proposito è opportuno specificare che nel computo del personale aziendale:

  • rientrano a pieno titolo i dirigenti, i lavoranti a domicilio, i dipendenti assunti con contratto a tempo pieno determinato e indeterminato, i lavoratori assenti (per malattia, gravidanza, ecc.) purché retribuiti;
  • i lavoratori a tempo parziale devono essere computati pro-quota (un lavoratore part-time, ad esempio, viene computato come mezzo lavoratore);
  • i lavoratori intermittenti vanno computati in proporzione alle giornate lavorate nel semestre precedente;
  • sono esclusi dal computo: gli apprendisti, i collaboratori coordinati e continuativi, i collaboratori coordinati a progetto, i prestatori di lavoro occasionale e accessorio, i lavoratori assunti provenienti da esperienza socialmente utili o di pubblica utilità.

Prestazione Occasionale di natura autonoma (Ritenuta d’acconto)

La prestazione occasionale di natura autonoma (disciplinata dall’art. 2222 del Codice Civile), più comunemente conosciuta come collaborazione occasionale a ritenuta d’acconto, o più semplicemente ritenuta d’acconto. Si tratta di un metodo per formalizzare rapporti di collaborazione occasionale, che quindi non presentano i comuni vincoli di subordinazione (come la presenza sul posto di lavoro o un orario di lavoro), hanno una durata limitata nel tempo (occasionalità), sono spesso legate a compiti e obiettivi specifici e sono intrattenuti con soggetti non titolari di Partita IVA.
Si parla di ritenuta d’acconto perché il datore di lavoro, in questo caso, effettua una ritenuta o trattenuta sul compenso lordo del collaboratore, a titolo di acconto IRPEF, da pagare su quel reddito: proprio per questo mentre il datore di lavoro è tenuto a versare all’Erario quanto trattenuto dall’importo lordo dovuto al lavoratore, quest’ultimo non dovrà pagare tasse su quello stesso reddito (netto perché, appunto, già decurtato del 20%) che andrà effettivamente a percepire.
La ritenuta d’acconto può essere utilizzata per collaborazioni con soggetti privi di partita IVA che, generalmente, si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro o, comunque, non hanno ancora definito la propria natura professionale e non hanno, quindi, optato per lo svolgimento di un lavoro di natura autonoma.
Al momento del pagamento della prestazione il collaboratore è tenuto produrre una ricevuta al datore di lavoro che, proprio come una fattura, è tenuto a saldare. In molti casi è lo stesso datore di lavoro a fornire una ricevuta che il collaboratore va a firmare sebbene, almeno formalmente, dovrebbe accadere il contrario (è il collaboratore che presta la propria opera e che riceve un compenso per il quale, appunto, è tenuto ad emettere una ricevuta).
La ricevuta oltre a indicare la data, il numero della ricevuta i dati fiscali del collaboratore e del datore di lavoro (codice fiscale dell’uno e partita IVA dell’altro) dovrà descrivere brevemente l’attività prestata e indicare il compenso lordo, il compenso netto e la quota della ritenuta d’acconto (il 20% del compenso lordo) che costituisce la differenza tra i due importi.
Il collaboratore percepirà dal datore di lavoro il solo compenso netto mentre il datore di lavoro, oltre al compenso netto da corrispondere al collaboratore, è tenuto a versare allo Stato tramite modello F24, entro il 16 del mese successivo a quello di emissione della ricevuta, anche l’importo della ritenuta d’acconto (20% del compenso lordo, che non viene corrisposto al lavoratore).
Ovviamente, dal punto di vista fiscale, il collaboratore, alla fine del periodo fiscale in cui è avvenuta l’emissione delle ricevute, vanterà un credito d’imposta (le ritenute versate dal datore di lavoro in suo luogo) che potrà utilizzare in compensazione o, eventualmente, di cui potrà richiedere il conguaglio.
È opportuno ricordare in questa sede che, dal punto di vista fiscale, la ritenuta d’acconto deve essere applicata soltanto nel caso in cui la prestazione occasionale è svolta nei confronti di imprese individuali, società ed enti di ogni tipo, professionisti o amministratori di condominio (ossia, in tutti quei casi in cui il committente opera come sostituto d’imposta, ex DPR n. 600/73).
Dal punto di vista contributivo, i soggetti che offrono prestazioni di carattere occasionale con ritenuta d’acconto qualora il loro reddito non superi i 5000 euro/anno lordi (il compenso lordo annuo è da intendere come il compenso corrisposto da tutti i committenti occasionali e non da un solo committente) sono esonerati da qualsiasi versamento di contributi previdenziali.
A tal proposito è opportuno ricordare che la soglia dei 5000 euro/anno funge da franchigia per i soli contributi previdenziali e non anche a fini fiscali: ciò significa che un soggetto che svolge prestazioni occasionali in regime di ritenuta d’acconto può tranquillamente percepire in un anno anche importi superiori ai 5000 euro da uno o più committenti.
Qualora superi questo importo (in base all’articolo 44 del D.L. n. 269/2003, convertito nella L. 326/2003), però, è tenuto ad accedere alla Gestione Separata INPS: in questa eventualità il collaboratore deve tempestivamente comunicare al datore di lavoro il superamento della soglia di esenzione per la prima volta e quest’ultimo deve provvedere all’iscrizione del collaboratore alla Gestione Separata INPS.
I contributi devono essere versati solamente sulla quota di reddito eccedente la soglia dei 5.000 euro, dedotta da eventuali spese presenti in fattura.
All’atto pratico, al momento della redazione della ricevuta il collaboratore dovrà indicare anche una ritenuta previdenziale pari a 1/3 del contributo dovuto; i 2/3 del contributo dovuto sono, invece, a carico del datore di lavoro (che, in ogni caso, in quanto sostituto d’imposta versa l’intero importo).

Prestazioni Occasionali (nuovi voucher PrestO e Libretto Famiglia)

Rimandiamo agli articoli già presenti su questo portale per la disciplina:

Collaborazioni Coordinate e Continuative (Co.co.co.)

Con l’entrata in vigore del Jobs Act (D. Lgs. n. 81/2015) le collaborazioni coordinate a progetto sono state formalmente abolite anche se rimangono in vigore le cosiddette collaborazioni coordinate e continuative.
Ciò implica che non è più possibile attivare collaborazioni per specifici progetti determinati dal committente e gestiti in autonomia dal collaboratore. Rimane tuttavia possibile stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa in forma autonoma (ex art. 409 n. 3 C.P.C.) con le quali un collaboratore si impegna a compiere un’opera o un servizio, a carattere prevalentemente personale e in via continuativa, a favore del committente e in coordinamento con quest’ultimo, senza che sussista alcun vincolo di subordinazione.
Un rapporto di collaborazione (e il conseguente contratto) può essere considerato genuino se non sussistono congiuntamente i seguenti tre parametri, stanti i quali si presume la subordinazione:

  • prestazioni esclusivamente personali ovvero svolte personalmente dal titolare del rapporto, senza l’ausilio di altri soggetti;
  • prestazioni di natura continuativa ovvero quelle si ripetono in un determinato arco temporale al fine di conseguire una determinata utilità;
  • etero-organizzazione ovvero modalità di esecuzione organizzate dal committente, anche in riferimento ai tempi (orario di lavoro) e ai luoghi di lavoro (art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015);

Rimangono comunque lecite, pur in presenza degli indici di subordinazione, le collaborazioni dove:

  • gli accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo;
  • prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
  • prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
  • rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI;

Al momento della stipula del contratto di collaborazione coordinata e continuativa le parti (ovvero l’impresa e il collaboratore) possono richiedere, a maggior tutela di entrambi la certificazione dell’assenza dei requisiti previsti per l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato alle apposite Commissioni di Certificazione (di cui all’art. 76 del D.Lgs. n. 276/2003).
L’attivazione di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa deve essere comunicata al Centro per l’Impiego (Portale Jobby) e i collaboratori devono essere registrati sul Libro Unico del lavoro come avviene per i lavoratori dipendenti, escludendo il solo calendario delle presenze da quest’ultimo adempimento.
Per quanto riguarda il trattamento previdenziale i collaboratori coordinati e continuativi devono iscriversi obbligatoriamente alla Gestione separata INPS e sono soggetti al regime previdenziale relativo. Differentemente da quanto avviene per i lavoratori dipendenti, l’iscrizione non è a carico del committente ma del collaboratore, sebbene sia comunque opportuno che il datore di lavoro si assicuri che il collaboratore abbia provveduto a quanto di sua competenza.
L’obbligo di iscrizione riguarda tutti i collaboratori, anche pensionati, iscritti o meno ad altre forme di previdenza e sorge al momento dell’instaurazione del primo rapporto; l’iscrizione alla Gestione Separata INPS rimane valida anche qualora, in un momento successivo, il collaboratore attivi altri rapporti di collaborazione con committenti diversi.
Come avviene anche per tutte le altre tipologie di lavoratori che confluiscono nella Gestione Separata INPS (vedi, ad esempio, collaborazioni occasionali con ritenuta d’acconto e compensi superiori a 5.000 euro/anno, sopra) la contribuzione è ripartita per 1/3 a carico del collaboratore e per 2/3 a carico del committente.
L’obbligo del versamento, da effettuare con modello F24, grava per l’intero contributo (compresa la quota a carico del lavoratore che viene poi sottratta dal compenso, a titolo di ritenuta previdenziale) sul committente che è tenuto ad effettuare il versamento entro il 16 del mese successivo a quello in cui viene corrisposto il compenso.
Per l’anno 2017 sono in vigore le seguenti aliquote contributive (L. 232/2017 e circ. INPS 21/2017):

  • Soggetti iscritti ad altra Gestione previdenziale obbligatoria o pensionati = 24% senza nessuna aliquota aggiuntiva a titolo assistenziale;
  • Soggetti iscritti alla sola Gestione Separata INPS e non titolari di Partita IVA = 32% + 0,72% di aliquota aggiuntiva a titolo assistenziale per il finanziamento delle prestazioni economiche temporanee erogate dall’Inps (ovvero indennità di maternità/paternità, trattamento economico per congedo parentale, indennità giornaliera di malattia, indennità di malattia per degenza ospedaliera, assegno per il nucleo familiare), qualora sussistano i presupposti per l’erogazione delle stesse;

I contributi dovuti alla Gestione Separata INPS sono calcolati sulla stessa base imponibile utilizzata per il calcolo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche; la determinazione della base imponibile contributiva, segue, quindi le regole di determinazione dell’imponibile fiscale (art. 51 e seguenti del TUIR, DPR 917/86).
Non si considerano, nella classificazione precedente, i cosiddetti professionisti senza cassa ovvero per i lavoratori autonomi che, non potendo afferire a una cassa previdenziale professionale propria, sono obbligati all’iscrizione alla Gestione Separata INPS.

Per le collaborazioni coordinate e continuative il datore di lavoro non è tenuto al versamento di contributi a titolo di TFR o per i periodi di ferie; oltre ai trattamenti assistenziali già menzionati sopra il collaboratore può fruire anche dell’apposito trattamento di disoccupazione (DIS-COLL) eventualmente spettante.
I contributi assicurativi e l’apertura di una specifica posizione all’INAIL è obbligatoria per i soli collaboratori coordinati e continuativi che svolgono attività protette ai sensi dell’art. 1 del D.P.R. n. 1124/1965 e spetta al datore di lavoro.
Dal punto di vista fiscale il reddito del collaboratore coordinato e continuativo è assimilato a quello del lavoratore dipendente: si applicano, quindi, le specifiche aliquote previste dagli scaglioni IRPEF sul reddito delle persone fisiche.