Società tra professionisti: il Codice Deontologico e le nuove norme sulle professioni

In attesa che la Commissione Europea formuli un nuovo indirizzo normativo di stampo comunitario, riguardo alla riforma delle professioni devono essere tenuti presenti gli interventi configuratisi nello scenario nazionale negli scorsi anni.
In particolare sono le Società tra professionisti (STP) a rappresentare la maggiore novità per i liberi professionisti e per chi svolge professioni liberali: una formula che consente di andare oltre lo studio associato perché consente di aggregare soci appartenenti a ordini professionali diversi o anche non iscritti affatto ad alcun ordine professionale (purché, in quest’ultimo caso, il loro contributo si caratterizzi come una prestazione tecnica o un investimento.

Regolamentate dalla L. 183/2011 (Legge di Stabilità 2012), dalla L. 21/2012 e dal DM 34/2013 le società tra professionisti (STP) sono entrate in vigore da aprile 2013 e hanno attirato subito l’interesse dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro che ne hanno chiarito il funzionamento e le regole grazie alla Fondazione Studi che ha emanato delle istruzioni operative relative alle regole delle STP (circolare Fondazione Studi 6/2013, regolamento per le STP) e, successivamente, delle FAQ sugli effetti della riforma delle professioni (marzo 2014). L’ultimo passaggio di questo iter è rappresentato dall’aggiornamento del Codice Deontologico che recepisce la formula delle Società tra Professionisti, fornendo specifiche indicazioni in proposito.
Consideriamo, dunque, le principali caratteristiche delle STP per poi capire cosa prevede il Codice Deontologico in proposito.

Cosa sono e come funzionano le Società tra Professionisti (StP)

Le società tra professionisti sono società di persone o di capitali soggette al pagamento dell’IRAP e allo stesso regime fiscale e previdenziale degli studi previdenziali e delle associazioni professionali,
Il reddito delle StP di capitali viene considerato autonomo (ai sensi dell’art. 53, D.P.R. 917/1986) mentre i compensi delle StP vanno assoggettati alla ritenuta d’acconto del 20%, con l’applicazione in fattura del 4%, a titolo di contributo previdenziale integrativo, a carico del cliente, destinato alla Cassa di previdenza.
Gli utili delle StP sono tassati come avviene per gli studi associati (dal momento che il trattamento fiscale è equiparabile a quello previsto per le associazioni tra professionisti).
Le Società tra professionisti possono fruire di specifici contributi previsti da piani operativi (quali il POR e il PON) e dal Fondo Sociale Europeo (periodo di programmazioni 2014-2020).

Dal momento che hanno facoltà di occuparsi di diverse attività professionali, le StP possono essere multidisciplinari (c. 8, art. 10, L. 183/2011): i consigli di ciascun ordine professionale sono tenuti a verificare il rispetto delle norme deontologiche di ciascun iscritto. Se ciò non avviene ne risponde l’intera società tra professionisti anche se il socio inadempiente è comunque considerato responsabile. La responsabilità, invece, viene estesa e condivisa anche alla società nel solo caso in cui l’illecito disciplinare è scaturito da direttive stabilite dalla società. Se la StP si configura effettivamente come un’impresa multidisciplinare, è preferibile che l’atto costitutivo non indichi un’attività professionale prevalente, così da poter permettere che la stessa StP sia iscritta a tutti gli albi di appartenenza dei soci, evitando anomalie di sorta. La sola StP che si occupa della professione forense deve essere costituita unicamente da avvocati.

Per quanto riguarda le iscrizioni agli albi, la normativa (art. 7, D.M. 34/2013) prevede che le Società tra Professionisti siano iscritte nelle sezioni speciali presso i registri delle imprese (alle STP tra avvocati è riservata una sezione separata) presso l’Albo o il Registro dell’Ordine o del Collegio Professionale al quale sono iscritti i soci professionisti.
Nel caso di una società multidisciplinare, l’iscrizione deve essere effettuata nella sezione speciale dell’Albo o del Registro dell’attività prevalente.
Se alla StP viene conferito un incarico professionale, la società stessa deve garantire per iscritto e comunicare al cliente che soli i soci competenti, si occuperanno di espletare l’incarico svolto; il cliente committente ha precedentemente anche la facoltà di scegliere personalmente i soci che dovranno occuparsi dello svolgimento dell’incarico.

L’attività professionale della STP può essere esercitata dai soli soci. Possono essere immessi in tale ruolo, al momento dell’atto costitutivo della società i professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi (anche in differenti sezioni) che siano cittadini della UE in possesso di titolo di studio abilitante.
Esiste una deroga a tale principio, in base alla quale possono figurare come soci anche non professionisti purché solo per prestazioni tecniche o per finalità di investimento.
Il numero di soci professionisti e la loro partecipazione al capitale sociale deve rappresentare la maggioranza di 2/3 nelle deliberazioni o nelle decisioni dei soci. Se ciò non avviene e la società non provvede entro 6 mesi a sanare l’anomalia, è soggetta allo scioglimento e alla cancellazione dell’albo.
La StP ha anche l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa per coprire i rischi derivanti dalla responsabilità civile, per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti, durante lo svolgimento dell’attività professionale.
Tra gli altri adempimenti previsti per le StP vi è l’indicazione esplicita delle modalità di esclusione di soci che siano stati cancellati dal rispettivo albo professionale, con provvedimento definitivo.
Quando viene avviata una nuova StP, nella denominazione sociale deve comparire la dicitura “società tra professionisti” e uno stesso soggetto non può figurare come socio di più società.

Cosa prevede il nuovo Codice Deontologico a proposito delle STP

Le recenti modifiche del Codice Deontologico dei Consulenti del lavoro hanno recepito la nuova normativa sulle Società tra Professionisti, prevedendo specifici obblighi per i colleghi consulenti che aderiscono a questo genere di compagini societarie.

La prima indicazione a riguardo può essere individuata nel c. 2 dell’art. 1, relativo all’ambito di applicazione dello stesso Codice Deontologico, dove si chiarisce che:

Il Codice si applica ai professionisti ed alle società tra professionisti iscritte all’albo dei Consulenti del Lavoro ed agli iscritti al Registro praticanti di cui all’articolo 6 del D.P.R. 7 agosto 2012, n. 137, che sono tenuti a conformare la propria condotta ai doveri di cui al Capo II.

Oltre a ribadire che il Codice Deontologico si applica anche alle società tra professionisti costituite da consulenti del lavoro o alle quali almeno un consulente del lavoro abbia aderito, comprendiamo da questo passaggio che l’Albo dei Consulenti del Lavoro, come gli altri albi professionali, secondo quanto previsto dalla normativa, accoglie una specifica sezione dedicata alla registrazione delle società tra professionisti.

L’art. 19 si rifà esplicitamente alla Legge 12/1979, costitutiva dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, ed è dedicato alla partecipazione a compagini societarie e collaborazioni con imprese che erogano servizi nel settore della consulenza del lavoro precisa che:

1. Il Consulente del lavoro che rivesta la carica di amministratore (…) è tenuto a svolgere le sue attribuzioni e/o funzioni nell’osservanza delle disposizioni del presente Codice.

I commi seguenti evidenziano come, il consulente del lavoro in qualità di amministratore di società di consulenza o anche solo in qualità di professionista che assiste altre imprese qualora agisca o sia a conoscenza di comportamenti rilevanti ai sensi del Codice Deontologico, viene ritenuto responsabile degli stessi:

2. Ove la società di cui al comma precedente ponga in essere atti e/o comportamenti oggettivamente rilevanti ai sensi delle disposizioni del presente Codice, il Consulente del lavoro che la amministra è ritenuto responsabile degli stessi a meno che si tratti di attribuzioni proprie o di funzioni in concreto
attribuite ad altro amministratore, ovvero che si tratti di fatti attribuibili a comportamenti dolosi di terzi o in ogni caso attribuiti esclusivamente a terzi.
3. In ogni caso, il Consulente del lavoro che amministri o assista le imprese e gli organismi di cui ai commi 4 e 5 della Legge 11 gennaio 1979, n. 12, è responsabile se, essendo a conoscenza di fatti rilevanti ai sensi del presente Codice, non ha agito per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze.
4. È altresì considerato responsabile il Consulente del lavoro che sia socio di una società di cui al primo comma che abbia autorizzato tali comportamenti ai sensi dell’art. 2364, comma 1, numero 5), c.c. ovvero sia titolare di diritti particolari in materia ai sensi dell’art. 2468, comma 3, c.c. ovvero abbia concorso alla decisione ai sensi dell’art. 2479 c.c..
5. Il Consulente del lavoro che amministra o assiste le imprese di cui ai commi 4 e 5 della Legge 11 gennaio 1979, n. 12, deve assicurarsi che le predette imprese ed organismi effettuino la prescritta comunicazione di conferimento dell’incarico al Consiglio Provinciale dell’Ordine ed alla Direzione Territoriale del Lavoro competenti.

Infine, i comma 6 e 7 sono esplicitamente dedicati alle StP, specificando che le stesse disposizioni previste per gli studi di consulenza del lavoro e per i professionisti che svolgono questa stessa attività, si applicano anche ai consulenti del lavoro che svolgono la loro attività professionale all’interno delle Società tra professionisti. Ai sensi del Codice Deontologico lo stesso consulente del lavoro socio di StP è considerato gravemente responsabile qualora la società non rispetti i parametri previsti dalla legge 183/2011, in particolare riguardo alle modalità di partecipazione al capitale:

6. Al Consulente del lavoro che svolge la propria attività nell’ambito di STP si applicano anche le disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 del presente articolo.
7. Il Consulente del lavoro socio di STP che a qualsiasi titolo concorra ad alterare le condizioni previste dell’articolo 10 comma 4, lettera b), della Legge 12 novembre 2011, n. 183, secondo cui il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale deve essere tale da determinare la maggioranza dei due terzi nelle decisioni o deliberazioni dei soci, sarà considerato gravemente responsabile ai sensi del presente Codice.