Circolare 7/2020 Fondazione Studi: il DPCM 11 Marzo 2020 sulla chiusura delle attività commerciali

Con la Circolare 7/2020 (scaricabile in formato pdf) la Fondazione Studi fornisce utili chiarimenti, esprime alcuni dubbi interpretativi e allega la indispensabile modulistica relativa al DPCM 11 Marzo 2020, relativo alla chiusura delle attività commerciali non di prima necessità, per l’emergenza Coronavirus.

L’Italia “zona protetta” chiude gli esercizi commerciali non di prima necessità: è questo l’assunto di base del DPCM 11 marzo 2020 che la Circolare 7/2020 della Fondazione studi intende chiarire specificando quali sono le attività commerciali chiamate alla serrate e quali quelle che restano operative, fino a quelle a rischio chiusura a causa della natura stessa della loro missione, che non consente di attenersi alle norme richieste come condizione per continuare a lavorare.

Ulteriore giro di vite del Governo nelle misure urgenti da adottare per il contenimento del contagio da COVID-19. Il combinato disposto di 3 decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, pubblicati l’8, il 9 e l’11 marzo, entra nelle abitudini quotidiane di tutta Italia, ripensandole alla luce dell’unico obiettivo di contenere il contagio e di consentire così al Sistema Sanitario Nazionale di provvedere a tutti coloro che avranno bisogno di cure.

Dopo l’estensione a tutto il Paese del “resto a casa” del 9 marzo (analizzato dalla Circolare 6 di Fondazione Studi Consulenti del Lavoro), ora viene disposta la sospensione, dal 12 fino al 25 marzo, delle attività commerciali al dettaglio, con l’eccezione di quelle di vendita di generi alimentari e di prima necessità indicate nell’elenco di 24 attività (alcune con relativo codice Ateco) con l’Allegato 1 al DPCM 11 marzo 2020.

Chiusi pure i mercati ad esclusione degli esercizi dedicati alla vendita dei soli generi alimentari. Stop anche alle attività dei servizi di ristorazione, escluse mense e catering continuativo su base contrattuale, così come gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande posti nelle aree di servizio e rifornimento carburante situati lungo la rete stradale e autostradale e all’interno delle stazioni ferroviarie, aeroportuali, lacustri e negli ospedali, purché sia garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro.

Restano aperte edicole, tabaccai, farmacie e parafarmacie, sempre garantendo la distanza di sicurezza interpersonale di un metro, e rimane consentita la ristorazione con consegna a domicilio, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto.

Il significato di quest’ultimo inciso deve ragionevolmente intendersi riferito alle nuove indicazioni anti-contagio, considerato che il rispetto delle norme igienico-sanitarie rappresenta comunque un pre-requisito ordinario dello svolgimento di queste attività, anche a prescindere dalla situazione emergenziale.

Sospese pure le attività inerenti ai servizi alla persona, con l’eccezione di quelle riportate all’allegato 2 dell’ultimo DPCM, mentre restano garantiti, sempre nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, i servizi bancari, finanziari, assicurativi, nonché l’attività del settore agricolo, zootecnico di trasformazione agroalimentare, comprese le filiere che ne forniscono beni e servizi.

Prescrizioni di prudenza particolarmente rigorose, dunque, che tendono a non privare del tutto la popolazione di beni e servizi essenziali, con indicazioni “anti-panico”, al fine di impedire gli assalti ai supermercati, ormai ricorrenti, pregiudizievoli per i fini di profilassi che il disegno governativo si propone e immotivati alla luce delle rassicurazioni in ordine al regolare circolo delle merci sul territorio nazionale e, conseguentemente,al rifornimento di tali beni su tutto il territorio nazionale.

Ulteriori previsioni sono poi disposte all’art. 1 co. 7 per tutte le attività produttive e professionali, senza una distinzione analitica per elenchi come nel caso delle attività commerciali e di servizi alla persona. Le misure previste, suggerite e fortemente raccomandate dal decreto, imperniate sul lavoro agile e sulle misure di sicurezza e igiene potenziate alla luce del rischio di contagio non si rendono facilmente praticabili in moltissimi settori produttivi, uno per tutti quello dell’edilizia, dove lo smart working risulta ontologicamente incompatibile. Distanze di sicurezza e altre misure più generiche sulla sospensione di reparti non essenziali rischiano di fare optare le imprese edili per una sospensione generalizzata immediata di tutte le attività con ricorso agli ammortizzatori sociali e conseguente danno a lungo termine sulle infrastrutture dell’intero sistema paese. In assenza di indicazioni dirette per tali settori, si rimanda all’analisi in seguito fornita in riferimento alle modalità di pianificazione e distribuzione della prestazione lavorativa disciplinata in particolare dall’art. 1 co. 7 lett. c, d, e del DPCM in commento.

Sul fronte della circolazione dei cittadini e dei lavoratori non vi sono particolari innovazioni rispetto al combinato disposto dei DPCM dell’8 e del 9 marzo scorso. Si segnala tuttavia che le prescrizioni dell’art. 1, co. 1, lett. a, del DPCM dell’8 marzo hanno destato numerosi interrogativi da parte dei cittadini, con particolare riferimento ai lavoratori e ai rispettivi datori di lavoro, anche a causa del repentino allargamento con DPCM 9 marzo delle regole applicative riservate da quello dell’8 marzo a una porzione contenuta del territorio nazionale (1 regione e 14 province) all’intera Italia.

In ordine alla giustificabilità dei movimenti all’interno del proprio comune di residenza, abitazione o domicilio, ad esempio, non risultano alla lettera prescrizioni che possano andare al di fuori della auto-certificazione richiedibile, anche estemporaneamente, dalle forze dell’ordine, e si ritiene sia sempre possibile potere uscire dalla propria abitazione per potere acquistare non solo generi alimentari ed essenziali, ma anche quotidiani e giornali (data l’apertura delle edicole disposta dall’ultimo DPCM), nonché generi di varia natura come le lampadine, dotazioni informatiche, televisive, articolo di igiene e profumeria, i cui rivenditori possono mantenere l’apertura (nel rispetto della distanza interpersonale fra gli avventori).

In riferimento ai lavoratori in transito all’interno e all’esterno dei propri comuni, alla fine del presente documento si mette a disposizione un format di certificazione da parte del proprio di datore di lavoro, non previsto alla lettera dalle disposizioni vigenti, ma richiesto in alcune parti del territorio nazionale.

Altri contenuti della Circolare 7/2020 della Fondazione Studi

  • Le FAQ pubblicate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri
    • FAQ Decreto ‘Io Resto a Casa’
  • Quadro sinottico delle disposizioni del DPCM 11 Marzo 2020
  • Le ulteriori disposizioni a supporto dell’utilizzo del lavoro agile e delle ferie
  • Elenco delle attività di cui all’Allegato 1, DPCM 11 Marzo 2020
  • Elenco delle attività di cui all’Allegato 2, DPCM 11 Marzo 2020
  • FAC-SIMILE Certificazione per circolazione per comprovati motivi di lavoro