Circolare 9/2019 Fondazione Studi: il rimborso dell’Imposta sul valore aggiunto

La circolare 9/2019 affronta il tema del rimborso IVA: il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto è disciplinato dagli articoli 30 e 38-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e dalla Direttiva della Comunità Europea n. 112 del 28 novembre 2006.
Negli ultimi anni il rimborso dell’IVA ha attirato in modo crescente l’interesse di contribuenti e professionisti. Infatti, oltre alle ipotesi, individuate dall’art. 30, comma 2, del decreto IVA, rispetto alle differenze di aliquota tra operazioni attive e passive, investimenti in beni strumentali, cessazione dell’attività, ecc. (v. infra), la progressiva estensione del meccanismo del c.d. reverse charge ha ampliato ulteriormente il numero di soggetti che presentano istanza di rimborso IVA.
Il presente approfondimento analizza la normativa con particolare riguardo ai requisiti oggettivi e soggettivi, all’esecuzione dei rimborsi e alla richiesta di rimborso infrannuale. Infine, vengono esaminate alcune fattispecie particolari riguardanti la sospensione dei rimborsi e il caso delle società non operative.

I requisiti oggettivi e soggettivi per richiedere il rimborso dell’IVA

Il diritto al rimborso IVA, secondo quanto previsto dall’art. 30 comma 2 del D.P.R. n. 633/1972, è subordinato al possesso di determinati requisiti oggetti e soggettivi. Ai sensi dell’art. 30, comma 1, il rimborso può comunque essere richiesto in caso di cessazione dell’attività. In caso di prosecuzione dell’attività, il rimborso può essere richiesto solo nel caso in cui l’importo del credito sia superiore a euro 2.582,28 (requisito oggettivo). La predetta norma dell’art. 30, comma 2, richiede la presenza di almeno uno dei seguenti requisiti soggettivi:

  • esercizio esclusivo o prevalente di attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni (art. 30, comma 2, lett. a). Ai fini del calcolo dell’aliquota media non si tiene conto degli acquisti, delle importazioni e delle cessioni di beni ammortizzabili, mentre, per quanto riguarda le operazioni attive, si tiene conto delle operazione effettuate ai sensi dell’articolo 17, quinto, sesto e settimo comma (operazioni con reverse charge, a titolo di esempio non esaustivo: cessioni di oro, subappalti in edilizia, servizi di pulizia, demolizione, installazione di impianti e di completamento di edifici) e dell’articolo 17-ter (operazioni con split payment effettuate nei confronti di pubbliche amministrazioni e altri enti e società);
  • aver eseguito nel corso dell’anno operazioni all’esportazione non imponibili ai sensi degli artt. 8 (cessioni all’esportazione), 8-bis (operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione) e 9 (servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali) del D.P.R. n. 633/1972, per un ammontare superiore al 25% del totale delle operazioni attive effettuate (art. 30, comma 2, lett. b).Seppur non citate espressamente dall’art. 30, comma 2, lett. b), devono essere considerate le altre operazioni non imponibili individuate dalla normativa tributaria e quelle considerate assimilabili ai predetti artt. 8, 8-bis e 9 del decreto IVA. A titolo di esempio non esaustivo:
    • le cessioni intracomunitarie non imponibili e operazioni non imponibili individuate dagli artt. 41 e 58, D.L. 30 agosto 1993, n. 331;
    • le operazioni effettuate con lo Stato della Città del Vaticano e con la Repubblica di San Marino (art. 71, D.P.R. n. 633/1972);
  • presenza di acquisti e importazioni di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche. Il rimborso può essere chiesto limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione dei predetti beni (art. 30, comma 2, lett. c);
  • aver effettuato in forma prevalente operazioni non soggette all’imposta, in applicazione del principio della territorialità, secondo le previsioni degli artt. da 7 a 7-septies, D.P.R. n. 633/1972 (art. 30, comma 2, lett. d);
  • operazioni effettuate nelle condizioni previste dall’art. 17, comma 3, D.P.R. n. 633/1972 dai seguenti soggetti (art. 30, comma 2, lett. e): non residenti e senza stabile organizzazione in Italia se identificati direttamente ai sensi dell’articolo 35-ter del decreto IVA, ovvero tramite un loro rappresentante residente nel territorio dello Stato nominato nelle forme previste dall’articolo 1, comma 4, del D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441. Si precisa che per l’identificazione diretta, ai sensi dell’art. 35-ter, si deve presentare al Centro operativo di Pescara il modello ANR/3 (ex modello ANR/2 del provvedimento Agenzia delle Entrate, 11 dicembre 2007, n. 2007/94281, successivamente aggiornato in data 2/08/2013), al fine di ottenere il certificato di attribuzione del numero di partita IVA in cui viene evidenziata la natura di soggetto non residente identificato in Italia.

Ai sensi dell’art. 30, comma 3, del decreto IVA il contribuente può chiedere rimborso, anche fuori dei casi previsti nel precedente secondo comma, se dalle dichiarazioni dell’ultimo triennio risultano eccedenze detraibili. In tal caso il rimborso può essere richiesto per un ammontare comunque non superiore al minore degli importi delle predette eccedenze. Nella fattispecie in questione il rimborso spetta anche nel caso in cui esso sia inferiore ad euro 2.582,28.

Le soglie di rimborso e le garanzie richieste al contribuente

L’art. 7-quater, comma 32, D.L. n. 193/2016, convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225. ha, modificato l’art. 38-bis, commi 3 e 4, del D.P.R. n. 633/1972, innalzando da euro 15.000,00 a euro 30.000,00 la soglia per accedere ai rimborsi IVA in maniera semplificata. In funzione dell’importo da rimborsare e del livello di “affidabilità” del contribuente individuati dal predetto art. 38-bis, si differenziano tre categorie di rimborso:

1. rimborsi fino a 30.000,00 euro;
2. rimborsi superiori a 30.000,00 euro erogabili senza garanzia;
3. rimborsi superiori a 30.000,00 euro erogabili previa presentazione della garanzia.

Nel primo caso (<30.000,00 euro) non sono più necessarie da parte del contribuente l’apposizione del visto di conformità, la sottoscrizione alternativa da parte dell’organo di controllo, né eventuali garanzie fideiussorie. Riguardo alla seconda fattispecie (>30.000,00 euro) il rimborso è erogabile senza garanzia nel rispetto di alcune condizioni poste dalla norma. Il comma 3 dell’articolo 38-bis del decreto IVA prevede che, se richiesto da soggetti considerati non rischiosi (individuati dal successivo comma 4), il rimborso è erogato senza presentazione di garanzia, purché siano congiuntamente rispettati i seguenti adempimenti:

  • nella dichiarazione annuale o nella domanda trimestrale da cui emerge il credito, sia apposto il visto di conformità (articolo 35 del D.Lgs. n. 241/1997) o, in alternativa, la sottoscrizione da parte dei soggetti che esercitano la revisione legale dei conti (articolo 10, comma 7, primo e secondo periodo D.L. n. 78/2009);
  • alla dichiarazione annuale o alla richiesta trimestrale, sia allegata un’autocertificazione con cui il richiedente attesta la sussistenza di tre condizioni soggettive richieste dall’art. 38-bis comma 3:
    • il patrimonio netto non è diminuito, rispetto alle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta, di oltre il 40%; la consistenza degli immobili non si è ridotta, rispetto alle risultanze contabili dell’ultimo periodo d’imposta, di oltre il 40% per cessioni non effettuate nella normale gestione dell’attività esercitata;
    • l’attività stessa non è cessata né si è ridotta per effetto di cessioni di aziende o rami di aziende compresi nelle suddette risultanze contabili;
    • non risultano cedute, se la richiesta di rimborso è presentata da società di capitali non quotate nei mercati regolamentati, nell’anno precedente la richiesta, azioni o quote della società stessa per un ammontare superiore al 50% del capitale sociale;
    • sono stati eseguiti i versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi.

La terza fattispecie riguarda i rimborsi IVA superiori a euro 30.000,00 per i quali è necessaria la presentazione di garanzia come previsto dal comma 4 dell’art. 38-bis. In particolare, è richiesta la garanzia per coloro che:

  • hanno iniziato l’attività d’impresa da meno di due anni, escluso le start up innovative ex art. 25 D.L. n. 179/2012 (lettera a);
  • nei due anni antecedenti la richiesta, hanno ricevuto avvisi di accertamento e/o di rettifica da cui risulti, per ciascun anno, una differenza tra IVA dovuta e IVA dichiarata superiore al 10% del dichiarato, 5% se gli importi dichiarati sono compresi tra € 150.000,00 e € 1.500.000,00; 1% se gli importi dichiarati superano € 1.500.000,00 (lettera b);
  • presentano la dichiarazione annuale IVA, o la richiesta di rimborso infraannuale, senza l’apposizione né del visto di conformità né della sottoscrizione dell’organo di controllo, o non presentano la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (lettera c);
  • sono soggetti passivi che richiedono il rimborso dell’eccedenza detraibile risultante all’atto della cessazione dell’attività (lettera d).

Ai sensi del successivo comma 5 dell’art. 38-bis la garanzia di cui al comma 4 è prestata per una durata pari a tre anni dall’esecuzione del rimborso, ovvero, se inferiore, al periodo mancante al termine di decadenza dell’accertamento. L’ art. 38-bis, comma 5, D.P.R. n. 633/1972 individua le seguenti forme di garanzia:

  • titoli di Stato o garantiti dallo stesso al valore di borsa;
  • fideiussione bancaria/polizza assicurativa;
  • fideiussione prestata da azienda commerciale che a giudizio dell’Amministrazione finanziaria offra adeguate garanzie di solvibilità;
  • garanzia prestata da Confidi, esclusivamente per le PMI aderenti;
  • per i gruppi di società, con patrimonio risultante dal bilancio consolidato superiore a 250 milioni di euro, la garanzia può essere prestata mediante la diretta assunzione, da parte della società capogruppo o controllante ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, della obbligazione di integrale restituzione della somma da rimborsare all’Amministrazione finanziaria comprensiva dei relativi interessi.

Il comma 6, dell’art. 38-bis, esclude l’obbligo di apposizione del visto di conformità per la dichiarazione da cui emerge il credito richiesto a rimborso quando è prestata la garanzia di cui al comma 5. Inoltre, il comma 9, dell’art. 38-bis, prevede che se successivamente al rimborso o alla compensazione viene notificato un avviso di rettifica o accertamento, il contribuente, entro
sessanta giorni, versa all’ufficio le somme che in base all’avviso stesso risultano indebitamente rimborsate o compensate, oltre agli interessi del 2% annuo dalla data del rimborso o della compensazione. Il versamento di tali somme può essere evitato, fino a quando l’accertamento sia divenuto definitivo, nel caso in cui il contribuente presti la garanzia prevista dal comma 5 del medesimo art. 38-bis.

Il rimborso infrannuale

I contribuenti IVA che hanno realizzato nel trimestre un’eccedenza di imposta detraibile superiore a 2.582,28 euro e che intendono chiedere in tutto o in parte il rimborso o l’utilizzo in compensazione sono tenuti a presentare il modello TR. Come per il rimborso IVA annuale, anche per l’infrannuale sussistono determinati requisiti individuati dall’art. 38-bis, comma 2, D.P.R. n. 633/1972. Infatti, il rimborso può essere chiesto dai soggetti che:

  • esercitano esclusivamente o prevalentemente attività che comportano operazioni soggette a imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni;
  • effettuano operazioni non imponibili (articoli 8, 8-bis e 9 del D.P.R. n. 633/1972) per un ammontare superiore al 25% del totale complessivo di tutte le operazioni effettuate;
  • hanno effettuato nel trimestre acquisti e importazioni di beni ammortizzabili per un ammontare superiore ai 2/3 del totale degli acquisti e delle importazioni imponibili;
  • sono non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, oppure sono identificati direttamente (ex art. 35-ter, D.P.R. n. 633/1972) o hanno nominato un rappresentante residente nel territorio dello Stato;
  • effettuano in un trimestre solare, nei confronti di soggetti passivi non stabiliti in Italia, operazioni attive per un importo superiore al 50% di tutte le operazioni effettuate, riferite alle seguenti attività, prestazioni di lavorazione relative a beni mobili materiali; prestazioni di trasporto di beni e relative prestazioni di intermediazione; prestazioni di servizi accessori ai trasporti di beni e relative prestazioni di intermediazione; prestazioni indicate nell’articolo 19, comma 3, lettera a-bis), D.P.R. n. 633/1972.

Se, in alternativa alla richiesta di rimborso, si chiede l’utilizzo in compensazione del credito IVA, occorre tener conto del fatto che, in linea generale, l’utilizzo in compensazione del credito infrannuale è consentito solo dopo la presentazione dell’istanza. Il superamento, inoltre, del limite di 5.000 euro annui, riferito all’ammontare complessivo dei crediti trimestrali maturati nell’anno, comporta l’obbligo di utilizzare i predetti crediti a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione dell’stanza di rimborso/compensazione (art. 17, comma 1, D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241).
Ancora, i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione il credito per importi superiori a 5.000 euro annui hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità di cui all’art. 35, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 o, in alternativa, la sottoscrizione da
parte dell’organo di controllo sull’istanza da cui emerge il credito (art. 3, comma 2, del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96).
Il modello TR deve essere presentato telematicamente entro l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento, direttamente dal contribuente o tramite gli intermediari abilitati ad Entratel.

Le modalità di richiesta del rimborso

Il rimborso IVA può essere richiesto attraverso due modalità:

  • conto fiscale (procedura semplificata), richiesto direttamente all’agente della riscossione per un limite massimo previsto di euro 700.000,00 (art. 78, commi 33-38 legge n. 413/1991 e art. 20, D.L. n. 567/1993);
  • presso l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente per territorio (obbligatoria nei casi di procedure concorsuali e cessazione di attività) senza limiti di richiesta.

Con il rimborso in “conto fiscale” l’erogazione viene effettuata dal 41° al 60° giorno dalla data di presentazione delle richieste all’Agenzia delle Entrate-Riscossione; per le disposizioni d’ufficio dal 1° al 20° giorno successivo a quello di ricezione all’ Agenzia delle Entrate-Riscossione, a condizione che sia stata consegnata la documentazione prevista e l’eventuale garanzia. Condizione indispensabile per il rispetto del termine è che siano stati accreditati all’Agenzia delle Entrate-Riscossione i fondi specifici da parte dell’Amministrazione finanziaria. L’erogazione viene eseguita sulle coordinate bancarie comunicate dal titolare tramite il proprio istituto di credito. La mancata o errata indicazione delle coordinate comporta il mancato accredito della somma. A quel punto è necessario integrare la richiesta con le informazioni corrette.
Il conto corrente comunicato deve essere obbligatoriamente intestato al titolare del conto fiscale, che risulta essere il beneficiario del rimborso. Nel caso in cui il contribuente ritenga che l’erogazione del rimborso da parte dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione sia avvenuta in ritardo, può chiedere la liquidazione degli interessi presentando alla stessa il modello G. L’Agenzia
delle Entrate-Riscossione trasmette la documentazione all’Agenzia delle Entrate, che effettua la verifica formale e sostanziale del modello e accerta l’effettivo ritardo nell’erogazione. In caso di riscontro positivo, autorizza l’Agenzia delle Entrate-Riscossione a procedere al rimborso di tali interessi.
Secondo quanto chiarito dalla risoluzione 27 luglio 2011, n. 77/E, nel caso di estinzione della società a seguito della cancellazione della società dal registro delle imprese, il rimborso può essere eseguito ai soci.

Il D.M. del 29 aprile 2016, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 13 maggio 2016, individua alcuni contribuenti che possono ottenere rimborsi annuali/infrannuali in via prioritaria, entro tre mesi dalla presentazione della domanda:

  • subappaltatori in edilizia per operazioni attive in reverse charge superiori all’80% del fatturato;
  • produttori di piombo, zinco, stagno e relativi semilavorati;
  • coloro che svolgono attività di recupero e riciclaggio di cascami e rottami metallici, e i produttori di alluminio e semilavorati, con aliquota media su acquisti superiore all’aliquota media delle vendite;
  • cedenti e prestatori le cui operazioni attive sono soggette allo split payment limitatamente al credito che emerge da detta tipologia di operazioni (art. 1, comma 630, legge n. 190/2014).

La sospensione del rimborso

L’art. 38-bis, comma 8, D.P.R. n. 633/1972 e l’art. 23, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 individuano alcune fattispecie di sospensione del rimborso. Il comma 8, dell’art. 38-bis prevede la sospensione del rimborso nel caso in cui nel periodo relativo al rimborso sia stato constatato uno dei seguenti delitti:

  • dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74);
  • emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000).

In tali casi, l’esecuzione del rimborso di cui al predetto art. 38-bis è sospesa fino alla definizione del relativo procedimento penale, per un ammontare fino a concorrenza dell’imposta indicata nelle fatture o in altri documenti illecitamente emessi od utilizzati.
L’art. 23, D.Lgs. n. 472/1997, come modificato dall’art. 16 del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, ha previsto la sospensione del rimborso nei casi in cui l’autore della violazione o i soggetti obbligati in solido, vantino un credito nei confronti dell’amministrazione finanziaria, e sia stato notificato atto di
contestazione o di irrogazione della sanzione o provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi. La sospensione opera nei limiti di tutti gli importi dovuti in base all’atto o alla decisione della commissione tributaria ovvero dalla decisione di altro organo. Inoltre, in presenza di provvedimento definitivo, l’ufficio competente per il rimborso pronuncia la compensazione del debito.
Tali provvedimenti, devono essere notificati all’autore della violazione e ai soggetti obbligati in solido e sono impugnabili avanti alla commissione tributaria, ovvero, in mancanza della loro giurisdizione, avanti al Tribunale.
Dei predetti atti impugnati può essere disposta la sospensione ai sensi dell’art. 47 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.

Con la modifica apportata dal citato decreto legislativo n. 158/2015, viene prevista la possibilità di sospendere e, in caso di provvedimento definitivo, compensare il credito chiesto a rimborso non solo con gli importi dovuti a titolo di sanzioni, come disposto dal testo previgente dell’articolo 23, ma con tutti gli importi dovuti in base all’atto (imposta e interessi).
Pertanto, nel caso di atti, ancorché non definitivi, relativi a tributi, sanzioni e interessi, il rimborso del credito può essere temporaneamente sospeso e, una volta che l’atto sia divenuto definitivo, il credito può essere compensato. In alternativa, come affermato nella circolare dell’Agenzia delle Entrate del 22 luglio 2016, n. 33/E, può essere richiesto al contribuente di garantire i carichi pendenti mediante presentazione di una fideiussione a tempo indeterminato.

Il rimborso per le società non operative

L’art. 30, comma 4, legge 23 dicembre 1994, n. 724, esclude le società non operative o in perdita sistematica dalla possibilità di richiedere il rimborso o la compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, dell’eccedenza del credito risultante dalla dichiarazione
annuale IVA. Tale eccedenza non può neanche essere oggetto di cessione ai sensi dell’articolo 5, comma 4-ter, del decreto legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 154.
Inoltre, il secondo periodo del predetto comma 4, dell’art. 30 esclude la possibilità di riportare il credito a scomputo dell’IVA dei periodi di imposta successivi, qualora per tre periodi di imposta consecutivi la società o l’ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini IVA non inferiori
all’importo che risulta dalla applicazione delle percentuali per l’individuazione degli enti non operativi di cui al comma 1 del medesimo art. 30.

Tuttavia, ai fini della non applicazione della normativa sulle società di comodo, ai sensi del successivo comma 4-bis, come modificato dal decreto legislativo n. 156 del 2015, in presenza di “oggettive situazioni” che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito, la società interessata può interpellare l’amministrazione ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente). Inoltre, in base al comma 4-quater il contribuente che ritiene sussistenti le condizioni di cui al comma 4-bis ma non ha presentato l’istanza di interpello prevista dal medesimo comma, ovvero, avendola presentata, non ha ricevuto risposta positiva, deve darne separata indicazione nella dichiarazione dei redditi.
La circolare del 1° aprile 2016, n. 9/E, precisa che le società di comodo che intendano richiedere il rimborso IVA possono, a tal fine, attestare la presenza delle “oggettive situazioni” di cui al comma 4-bis del predetto articolo 30, presentando una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi degli articoli 47 e 76 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, mediante compilazione dell’apposito campo del quadro VX della dichiarazione IVA. 30, comma 3, del decreto IVA il contribuente può chiedere rimborso, anche fuori dei casi previsti nel precedente secondo comma, se dalle dichiarazioni dell’ultimo triennio risultano eccedenze detraibili. In tal caso il rimborso può essere richiesto per un ammontare comunque non superiore al minore degli importi delle predette eccedenze. Nella fattispecie in questione il rimborso spetta anche nel caso in cui esso sia inferiore ad euro 2.582,28.